A.C. 2893-AR
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, «mai l'Europa è stata così prospera, sicura e libera». Con queste parole si apriva la Strategia di sicurezza dell'Unione europea siglata nel 2003 dall'allora Alto rappresentante per la politica estera Javier Solana. Poco dopo, l'intervento militare in Iraq, che cambia completamente il contesto e di cui oggi abbiamo i risultati. È incontestabile che oggi i termini di quell'affermazione, infatti, siano radicalmente mutati. Crisi economica, minaccia terroristica, strategia preventiva e repressiva rappresentano i fattori che contribuiscono a invertire quella prospettiva. E infatti, secondo un recente sondaggio dell'Istituto di politica internazionale, gli italiani sono oggi preoccupati in pari misura dal terrorismo e dall'insicurezza economica. L'Unione europea ha reagito, adottando una strategia regionale sulla Siria, sull'Iraq e sulla minaccia rappresentata da Daesh, in linea con alcune risoluzioni ONU, prima tra tutte la n. 2178 del 2014, architrave del provvedimento in esame, e tutte finalizzate al medesimo obiettivo: il contrasto al terrorismo globale e la tutela della sicurezza e della pace internazionale. Questo decreto rappresenta la trasposizione sul piano nazionale di quanto deciso in termini unanimi al più alto livello multilaterale e regionale, ed in tale ottica, di adeguamento del nostro ordinamento interno al diritto internazionale ed europeo. Questo è il senso profondo dell'articolo 11 della Costituzione.
Si tratta di quei valori che il Capo dello Stato ha richiamato proprio in quest'Aula allorquando, nel giorno del suo giuramento, ha solennemente dichiarato che garantire la Costituzione significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Oggi noi, con questo provvedimento, stiamo operando nel segno di questi valori, che riconducono all'interno di un'unica filosofia di pace e di sicurezza e che impone a tutti noi, maggioranza e opposizione, uno speciale sforzo di unità e di responsabilità.
Gli arresti di questi giorni a Brescia per i reati di apologia dello Stato islamico e associazione con finalità di terrorismo internazionale, fatti sulla base delle norme del decreto-legge in esame, rivelano i connotati inquietanti di una minaccia difficilissima da contrastare. La condizione sociale ed economica dei cosiddetti «lupi solitari», le connessioni di parentela che ne mascherano l'operare e gli obiettivi sono elementi che fanno riflettere sulla capacità delle nostre società evolute di eradicare sin dalle fondamenta una minaccia che non è possibile nemmeno definire solo asimmetrica, essendo connaturata al nostro stesso tessuto sociale, come rivelano gli ideatori degli attentati di Parigi ma anche di Tunisi.
La connessione tra questi arresti e lo svolgersi dello scenario a Kobane o a Sanaa, rafforza questo approccio legislativo fondato sulla totale coincidenza tra sicurezza interna ed esterna. E fa emergere anche che la responsabilità del legislatore è sempre più destinata ad includere decisioni complesse, che la pubblica opinione può faticare a comprendere se non si provvede a spiegarle, con rispetto e maturità, e collocarle, fin da subito e in modo inequivoco, in un contesto in cui la priorità assoluta è rappresentata dalla sicurezza collettiva quale parte essenziale del patrimonio di diritti e di libertà di cui è titolare ogni cittadino.
Care colleghe e colleghi, qui non dobbiamo scomodare Hobbes e la teoria del Leviatano, qui non si tratta di barattare sicurezza in cambio di libertà. Noi non stiamo costruendo nessun Leviatano, nessuno Stato di polizia, stiamo solo dotandoci di strumenti in grado di prevenire episodi criminosi tali da turbare la pace interna e quella internazionale.
Le missioni all'estero, rappresentano oggi ancor più di ieri, un importantissimo strumento di politica estera e di difesa della pace in scenari complessi divorati da conflitti interni come Afghanistan, Libano, Iraq e Balcani.
In questo quadro così drammaticamente posto all'attenzione della comunità internazionale, acquista una particolare valenza la situazione che si è venuta a creare in Libia dopo la caduta di Gheddafi, e al conseguente disinteresse della comunità internazionale. Una situazione caratterizzata da scontri tra milizie armate, tra loro contrapposte, e dalla presenza di due Governi. Uno frutto di una elezione e l'altro insediatosi di fatto. Siamo quindi di fronte ad una emergenza umanitaria, che ha portato centinaia di migliaia di libici a rifugiarsi in Egitto ed altrettanti disperati a tentare di raggiungere le coste italiane affidandosi a vere e proprie organizzazioni criminali. Ed in questa situazione, già così drammatica, si è insinuato anche il terrorismo di matrice jihadista, il Daesh. Lo indico così perché non si deve riconoscerne anche da un punto di vista semantico il riferimento ad un concetto di Stato, così come autoproclamatosi nel vuoto di poteri statuali, occupando parte del territorio siriano ed iracheno. Il dovere di misurarsi con la questione libica è in assoluto una delle priorità per l'Italia. Dal punto di vista politico e diplomatico siamo fermamente impegnati a sostenere lo sforzo di Bernardino Leon, capo della missione Onu per la Libia, orientato alla formazione di un Governo di unità e pacificazione nazionale, pur consapevoli, come ha detto il ministro Gentiloni, che le probabilità di successo siano ridotte e il tempo sia limitato. Ed abbiamo per questo previsto il potenziamento di un dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Mediterraneo centrale chiamato ad operare in acque internazionali e al largo delle coste libiche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo e allo scopo di assicurare la tutela degli interessi nazionali.
Al momento non credo si possa fare di più. Ma proprio per questo grazie alla discussione parlamentare è stato previsto l'obbligo per il Governo di riferire alle Camere sugli sviluppi della situazione e sulle iniziative che il nostro contingente aeronavale potrebbe essere obbligato a dover assumere di fronte ad un'evoluzione negativa.
Oggi abbiamo l'esigenza di dotarci di tutti gli strumenti necessari per prevenire e contrastare il terrorismo in ogni sua possibile forma, reale o virtuale che sia. Ed il decreto, grazie all'attento e costruttivo esame delle Commissioni difesa e giustizia e del Governo, fornisce al nostro sistema una serie di dispositivi preventivi, di protezione, di azione giudiziaria e risposta integrata e coordinata che costituiscono proprio quell'approccio globale di cui abbiamo bisogno.
Si interviene in diversi ambiti modificando il codice penale in tema di delitti di terrorismo, colpendo in particolare i cosiddetti «Foreign Fighters», i reclutatori e tutti coloro che compiono atti di violenza con finalità terroristiche dando i poteri di coordinamento per l'attività di indagine alla Procura antimafia e antiterrorismo.
Sono previste misure specifiche per quanto riguarda il controllo della rete da parte della polizia postale per intervenire e oscurare, se necessario, siti internet utilizzati con finalità di terrorismo. Una cosa va detta con chiarezza: con queste norme non si vuole criminalizzare il web o i social network, ma si tenta di evitare che diventi vettore di propaganda del terrore e quindi di morte. Ricordiamoci, colleghi, che è più difficile prevenire l'azione di un «lupo solitario» che si auto-addestra sul web nel chiuso di una stanza. Credo sia stata tuttavia apprezzata, anche se oggi non ho sentito dire queste parole dal MoVimento 5 Stelle e ne sono onestamente sorpresa, visto che la stessa onorevole Sarti ha raccontato quanti dei loro emendamenti siano stati accolti nel corso della discussione parlamentare in Commissione, dai gruppi di Scelta Civica e SEL, che avevano sollevato dubbi in merito, e a questo punto penso sia stato importante eliminare la norma sulle intercettazioni telematiche. Vorrei sottolineare, inoltre, quanto unanime e attento sia stato l'intervento normativo per quanto attiene le garanzie funzionali per i dipendenti dei Servizi di Informazione e Sicurezza, che possono entrare nelle carceri soltanto per finalità antiterroristiche. Vi è stato un vaglio preventivo del Copasir e un intervento emendativo condiviso da tutti i componenti del Comitato parlamentare, che ha fissato un termine temporale dell'efficacia di queste disposizioni per l’intelligence, in considerazione anche di quanto sottolineato dagli stessi costituzionalisti auditi in Commissione, che avevano richiamato la necessità della «sunset law» nella decretazione d'emergenza e abbiamo inserito anche il controllo del Comitato parlamentare. Stupisce quindi l'ostruzionismo del MoVimento 5 Stelle, che così non si è dimostrato assolutamente all'interno del Copasir stesso. A queste misure si devono affiancare approcci più consoni alla realtà del fenomeno terrorista che va intercettato negli snodi reali in cui esso si alimenta, includendo un'attenzione alle dinamiche che si sviluppano nelle carceri, nei luoghi di aggregazione delle periferie, nelle realtà dove è più elevata l'emarginazione sociale e l'esclusione economica delle nuove generazioni di stranieri, senza naturalmente trascurare la condizione di chi approda sulle nostre coste e affronta la frustrazione della speranza di benessere immediato e reagisce, enfatizzando pregiudizi antioccidentali. È una giusta risposta e voglio ricordare ai colleghi che chi ha distrutto le Torri Gemelle era arrivato negli Stati Uniti con regolare visto turistico e volo di linea, non nascosto dentro un container alla frontiera con il Messico. Finitela di identificare profughi di guerra e terroristi. Insultate la vostra intelligenza e quella degli italiani e non fate un gran servizio alla causa della sicurezza.
Concludo, Presidente, dicendo un'ultima considerazione, che riguarda l'autorizzazione contenuta nel decreto a tutelare le navi mercantili con forze di sicurezza private e con la chiusura dalla missione «Ocean Shield». Poniamo le condizioni perché non ci sia più un caso marò; a Latorre e Girone il Partito Democratico dà tutta la sua solidarietà e l'impegno continuo e siamo certi che il Governo stia per giungere ad una soluzione equa ed extra-giudiziale. Concludo, dicendo, con le parole del Presidente della Repubblica Mattarella, che «la democrazia è più forte del terrorismo», e con queste parole dichiaro il voto convinto del Partito Democratico.